lunedì 6 maggio 2013
6 maggio 1947
Il 10
febbraio 1947 a Mestre iniziò il processo contro Albert
Kesselring, generale tedesco che con il grado
di feldmaresciallo comandò le forze aeree
della Luftwaffe nel corso dell'invasione della Polonia,
della battaglia di Francia, nella battaglia d'Inghilterra e nel
corso dell'Operazione Barbarossa, come comandante in capo dello scacchiere Sud
ebbe il totale comando delle operazioni nel Mediterraneo, che includevano
anche le operazioni in Nordafrica, e più tardi condusse una efficace guerra
difensiva contro gli Alleati durante la campagna d'Italia ed
alla fine della guerra comandò le forze germaniche sul fronte
occidentale. Tale processo fu gestito da un tribunale militare britannico e
durò 57 giorni. I capi di imputazione furono sostanzialmente due: 1) l'emissione
del cosiddetto Bando Kesselring in cui si disponeva la possibilità di applicare
la rappresaglia anche su cittadini innocenti; 2) l'eccidio delle Fosse
Ardeatine.
Il 6
maggio 1947 la Corte militare britannica lo condannò a morte mediante
fucilazione trovandolo colpevole di entrambe le imputazioni. Il generale
britannico Harold Alexander, conosciuta la sentenza, in una lettera dell'8
maggio al Primo Ministro Clement Attlee scrisse:"Sono spiacente
per la sentenza inflitta a Kesselring e spero che venga commutata".Già nel
1948 la pena gli fu ridotta a 21 anni di carcere. Nel 1952, in
considerazione delle sue "gravissime" condizioni di salute, egli fu
messo in libertà. Tornato in patria fu accolto come un eroe e un trionfatore dai
circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri 8 anni fu attivo sostenitore.
Pochi giorni dopo il suo rientro a casa Kesselring dichiarò pubblicamente che
non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che - anzi - gli italiani dovevano
essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto
che avrebbero fatto bene a erigergli un monumento per il suo operato sul
suolo italiano nella salvaguardia delle città d'arte
come Roma e Firenze.
A tale affermazione rispose Piero Calamandrei, giurista e politico fiorentino,con
una famosa epigrafe , dettata per una lapide “ad ignominia”, collocata il 4
dicembre 1952 nell’atrio del Palazzo Comunale di Cuneo.
Il 4 dicembre 1952 era l'ottavo anniversario dell'omicidio di Duccio
Galimberti, avvocato, antifascista, partigiano Medaglia d'Oro al Valor
Militare e Medaglia d’oro della Resistenza, figura di primissimo piano
della Resistenza in Piemonte. Egli venne arrestato in seguito ad una
delazione il 28 novembre 1944, in una panetteria di Torino. Nel
pomeriggio del 2 dicembre fu prelevato da un gruppo di fascisti e trasportato
nella caserma delle brigate nere di Cuneo: qui venne sottoposto a
interrogatorio e ridotto in fin di vita dalle sevizie, ma nonostante questo i
fascisti non riuscirono ad ottenere alcuna informazione riguardante le
formazioni partigiane della montagna cuneese. Il mattino del 4 dicembre,
Galimberti fu caricato su un camioncino e trasportato nei pressi di Centallo
dove venne ucciso con una raffica di mitra alla schiena.
Sono da poco passati 25 aprile e 1 maggio, con la loro retorica e le loro
discussioni infinite.
Io ho smesso da tempo di discutere con quelli che vogliono i morti tutti uguali,
con quelli che rivalutano il fascismo, con quelli che lo sdoganano, con quelli
che siamo tutti italiani, con quelli che anche i combattenti di Salo' hanno
combattuto per l'Italia, con quelli che ricordano le Foibe e i presunti delitti
dei partigiani: ultimamente i fasci hanno trovato pure una martirella, tale
Giuseppina Ghersi, tredicenne di non ricordo dove, violentata ed uccisa come
collaborazionista per aver scritto un tema cosi' traboccante d'amore per il suo
Duce che Benitone la invito' a palazzo con la sua insegnante (che aveva
segnalato tale capolavoro).Ho
smesso di discutere.Quando trovo questa gente in rete, la cancello e la blocco,
dal vivo non ne incontro mai, sarà che non frequento ambienti dove si
puo' incontrare questo tipo di gente o che questi di persona se ne
stanno con la bocca ben chiusa. Ho smesso di frequentare anche quelle persone
cosi' profondamente democratiche da pensare che in fondo anche questa gente ha
diritto ad esprimersi e ad avere degli spazi.Preferisco
ricordarmi di Calamandrei e di Galimberti. Ed anche del camerata Kesserling,
morto in pace nel letto di casa sua il 16 luglio 1960, invece che fucilato in
Italia il 6 maggio del 1947. Oggi è l'anniversario della decisione di graziare
un criminale. Non ho intenzione di dimenticarlo.
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