martedì 11 ottobre 2016

Per la stessa ragione del viaggio, viaggiare.

Viaggiare come liberazione, conoscenza superamento. Oppure come eterno ritorno, perche' nei luoghi si ritorna sempre.
Sto preparando le valigie per il mio prossimo ritorno in Sud Sudan. Domattina il treno per Fiumicino, poi il primo volo fino al Cairo.
Domani l'altro raggiungero' Juba. Domenica arrivero' a Wau.
Sono nel panico. Ho paura di volare, per farmi coraggio sto guardando l'ennesimo episodio di "MayDay, Indagini ad Alta Quota".
Sono una perfetta idiota.
Ho paura di lasciare Firenze.
Ho paura di tornare in Africa, in quell'Africa massacrata dalla guerra, dalla malaria, dalle violenze, dalla miseria e dall'indifferenza di tutti.
Oggi e' maledettamente freddo.
Tutto quello che vorrei e' una casa con un caminetto acceso, i miei gatti arrotolati, una poltrona comoda, un bel plaid ed un bel libro.
E invece domani partiro', di nuovo.

. il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre.


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