venerdì 1 dicembre 2017

e Siria sia...

sapete, ognuno ha i suoi metodi per sentirsi vivo e non aver voglia di sputarsi in faccia al mattino quando si vede allo specchio.
Il mio è quello di tentare di fare qualcosa di utile in quei posti in cui sembra che il valore della vita conti quanto una merda secca.
Ho una serie di incrollabili convinzioni su diritti umani, contratti sociali, solidarietà, internazionalismo, uguaglianza, autodeterminazione femminile insomma, tutta questa robaccia da inguaribili romantici anarchici che vorrebbero risolvere i problemi del mondo.
Ho scoperto da un sacco di tempo che i problemi del mondo sono complicati da risolvere, ma non ho mai smesso di crederci.
Sono proprio una ceppicona, e piu' che invecchio peggio è.
Viaggiare e conoscere il resto di questo mondo è sempre stato un mio pallino.
Negli ultimi anni, mi sono fiondata nella cooperazione sanitaria: insomma, c'e' una cosa che so fare discretamente, che è il mio lavoro, e ci sono contesti nei quali i diritti base, quali la salute riproduttiva, valgono ancora meno della vita e della dignità, che già non vale nulla: e quando la vita stessa non conta nulla, quella delle donne conta sempre meno.
E quindi? Quindi ci sono posti al mondo considerati talmente pericolosi che bisogna avere una buona dose di follia per volerci andare. Ogni anno viene pubblicata una classifica ragionata sui paesi piu' pericolosi, quelli dove vivere è una scommessa ogni giorno.
Io di questi paesi ho conosciuto il secondo, il terzo ed il quarto classificato. Potevo lasciar perdere il primo?
No che non potevo.
Non dopo aver conosciuto il Kurdistan, non dopo aver seguito per anni con rabbia le (poche) notizie che arrivano da quei posti bellissimi e martoriati dalle peggior invenzione umana: la guerra. Anzi, la religione. Anzi, il potere ed il denaro. Perche' alla fine è tutto un gioco di potere, potere derivato dai soldi, dalle armi, dal controllo delle vite altrui, di cui le religioni sono un mezzo potentissimo.
Domattina parto per il prossimo incarico: 6 mesi a Kobane, Siria, Rojava (Kurdistan siriano). Un posto dove stanno tentando un esperimento sociale che voglio vedere da vicino.
Un esperimento in cui la componente femminile è parte integrante e fondamentale.
Non so come andrà a finire, ma crescere, costruire, trovare nuovi metodi (vecchi?) di cooperazione e convivenza è qualcosa che mi appartiene profondamente.


paesi più pericolosi al mondo

giovedì 10 agosto 2017

parlarne sempre, tacere mai.

"Vittime di un orrore senza tempo, queste donne portano inciso nel corpo quello che le madri hanno fatto a loro. E così alle loro madri. E alle madri delle loro madri. Da millenni. Un’orrenda barbarie, nel rispetto delle tradizioni maschiliste. Dove la donna è stata talmente allontanata da se stessa da essere lei quella che la trasmette. È la legge dei padri trasmessa dalle madri"
Gia' parliamo di Infibulazione, un'altra di quelle pratiche di cui non si parla mai abbastanza.
Ogni forma di societa' repressiva si fonda sul controllo del corpo delle donne, sul controllo della loro capacita' di generare figli su cui gli uomini "potrebbero" non avere il controllo totale.
Ed allora, tutti i metodi sono buoni per convincere una donna che la sua vita vale solo in rapporto all'uomo che avra' l'esclusiva della sua capacità di generare. Sul convincerle che non sono esseri umani (prerogativa maschile) ma allegati in attachment del Cazzo Salvatore e Generatore.
"Quali gli scopi dell’infibulazione? Innanzitutto la tutela della verginità per l’uomo a cui la donna è destinata. Una donna infibulata è una donna che arriva “pura” al matrimonio. Una volta sposata, è il marito che con il coltello taglia la cicatrice, per penetrarla. Con l’infibulazione una donna diventa merce protetta. Poi il controllo della sessualità femminile: i rapporti sessuali non saranno più fonte di piacere per la donna. Una donna che subisce la mutilazione genitale viene privata per tutta la vita del diritto di vivere la propria sessualità"
Sono le donne stesse, le madri, a pretendere questo per le loro figlie: e continueranno a farlo, non riuscendo a concepire se' stesse come esseri umani autonomi.
Non bastano le leggi: come ogni cosa che riguarda le donne, deve passare attraverso le donne stesse.
Questo e' l'articolo, molto interessante e ben documentato, da cui ho tratto i brani che ho commentato: se avete tempo leggetelo.

martedì 8 agosto 2017

Cuba!

No, non e' un'utopia...
Quante canzoni conoscete su Cuba e sul Che?

Boikot - Hasta Siempre versione punk-rock della superclassica canzone sul Che
Eugenio Finardi - Cuba canzone del 1978 che parlava gia' della voglia di fuggire...
Daniele Silvestri - Cohiba adoro questa canzone, adoro il suo autore.
Francesco Guccini - Stagioni Poteva mancare il Maestrone?
Compay Segundo - Guantanamera Cuba, le donne di Guantanamo, cantate da un grandissimo artista cubano. "Guantanamera" l'hanno cantata in tanti, ma questa rimane la mia versione preferita...
Silvio Rodriguez - Hombre Una delle canzoni piu' delicate ed intime dedicate al Che. Un grande artista cubano.
Pablo Milanes - Yolanda Una bella canzone d'amore dalla tradizione popolare, cantata da un altro grande artista cubano.
Noel Nicola - Yo te perdono altre grandissimo artista cubano, canzone dolce e malinconica
Skiantos - Canzone per Che Guevara Storico gruppo punk demenziale bolognese - grandissima canzone.
Modena City Ramblers - Transamerika I diari della motocicletta nell'interpretazione dei McR.
Roberto Vecchioni - Celia de la Cerna La bella canzone che il prof. Vecchioni ha dedicato alla madre del Che.
Sergio Endrigo - anch'io ti ricorderò Una delle mie voci preferite del panorama italiano, una canzone intima e dolce nel ricordo del Che.
Pablo Milanes - si el poeta eres tu Un'altra delicata canzone dedicata al Che

se ve ne vengono in mente altre fatemi sapere...




linguistica applicata ai Social Networks

e quindi insomma nulla, la neo-lingua dilaga. "Comunista" e "femminista" son diventati insulti, il proletariato non esiste piu', il fascismo e' una moda carina come tante altre.
Ed il peggiore insulto per una donna? "puttana pompinara", ovvio, mentre il complimento migliore "madre di famiglia". E non esiste donna che se gli dici che non e' figa non crolli a terra tremando di pianto, ci mancherebbe! Poi ci sono le vecchiacce acide, quelle mai toccate dalla santita' del Cazzo Salvatore, ma che con un meritatissimo stupro potrebbero riacquistar la ragione e diventare buone spose umili e sottomesse (forse).
Quindo vi dico che ci tengo tantissimo ad essere considerata un'erinni rabbiosa sociopatica da tenere lontana da quelle brave, piccolissime, mediocri persone che sembrano uscite paro paro da "cara piccola borghesia", ho i miei incrollabili, ferocissimi motivi.


Borghesia - Claudio Lolli

mercoledì 2 agosto 2017

Bologna

Ma su, dai facciamo uno di quei post tanto impegnati che mi riescono sempre bene.
Tutti gli anni la stessa storia: chi mi conosce da tempo lo sa quanto posso essere banale e noiosa.
Tutti gli anni, il 2 agosto, sempre a ricordare la stazione di Bologna.
E' che proprio non posso farne a meno: non ci riesco a dimenticarla.
E no, non mi chiedo neanche se vale la pena continuare a ricordare quella strage di 37 anni fa; finche' ci sara' un solo fascista in giro, finche' non sara' stata fatta luce (mai) su quegli 85 morti, vale la pena di continuare a ricordare le ore 10,25 del 2 agosto 1980.


sabato 15 luglio 2017

l'armadio e le stagioni

Arriva il momento del cambio stagione nell'armadio.
Sì, lo so che e' metà luglio, lo so che l'estate e' cominciata da un pezzo...ma io sono tornata dal Kurdistan 2 settimane fa, e subito sono partita per Milano. Poi ho dovuto sedermi un attimo a decidere cosa fare della mia vita.
Non l'ho ancora deciso, ci mancherebbe, ma intanto ho due valige da disfare.
C'e' un piccolo particolare da considerare: non ho un armadio. Non ho neanche una casa. Non ho piu' una stanza per me, sono accampata a casa dei miei e le mie cose non hanno un luogo dove stare.
Beh, neanche io, se e' per questo...
Eppure devo decidere cosa mi serve davvero e cosa posso lasciare o chiudere in una valigia da dimenticare in qualche cantina.
Ogni volta disfare i bagagli e' come scendere in un abisso: l'abisso dei ricordi, delle considerazioni, dei bilanci, delle decisioni.
E allora guardiamolo, questo abisso: che cosa vogliuo tenere della mia vita passata? Che cosa e' un bel ricordo? Di cosa voglio liberarmi?
C'e' un abito vecchio che non voglio piu' tenere, non mi appartiene piu', e' solo un peso di cui non riesco a liberarmi.
Gia', un peso.
Mi sono iscritta in palestra, qualche giorno fa. Come prima cosa, l'istruttore (ora si dice "Personal Trainer": suona fighissimo...) mi ha fatto salire su una di quelle bilance elettroniche intelligentissime (wow) che analizzano composizione corporea, massa magra, liquidi ecc. ecc.
Mi ha detto che dei miei 115,7 kg, il 49,3% e' composto di grasso in eccesso e che la mia salute e' a rischio.
Boja, che intelligenza diabolica....non mi ero proprio accorta di essere grassa, ma adesso che me lo dice un computer, cazzo, ho avuto l'illuminazione.
Quel vestito vecchio fatto di schiena che fa male, ginocchia doloranti, abiti che non trovo mai della taglia giusta, una tizia allo specchio che non sono io, che non riconosco, che si porta addosso troppi ricordi, troppi dolori, troppe bastionate che non e' riuscita ad evitare e sono tutte li', accumulate in forme rotolanti che non hanno un armadio dove essere archiviate.
C'e' una maledizione che mi porto dietro da troppo tempo: la forza. Una forza che non ho, non ho mai avuto...eppure in tanti, quasi tutti, mi dicono che sono una donna forte, che non si fa abbattere. Nessuno che veda la mia fragilità, che capisca che io, di forza, non ne ho mai avuta: ma ho imparato a nascondermi bene.
Sono diventata invisibile dietro un'immagine finta.
E non so cosa fare.
Quasi tutte le compagnie aeree, per i voli internazionali, concedono come bagaglio due pezzi da 23 chili l'uno ed un bagaglio a mano di 10 chili.
Fanno 56 chili.
Esattamente quelli che mi trascino dietro senza sapere cosa farne.
Ci sono due valige da disfare, uno zaino abbandonato, e nessun armadio di cui fare il cambio di stagione.
Ed un passato che pesa infinitamente piu' di quello che dice la bilancia geniale, che non ho la forza di affrontare.
Quindi?
Quindi nulla.

Conoscete i Tarocchi?
Questo e' l'Arcano Maggiore numero 13, la Morte.

"Questo Arcano indica la fine di qualcosa. Questo non è il momento per costruire, ma per distruggere. Che lo si voglia o no, deve avvenire un cambiamento, e questo cambiamento verrà innescato dalla possente energia distruttiva dell'Arcano n. 13 Bisogna essere pronti a lasciare andare tutto ciò che è inutile, superfluo, non essenziale. Bisogna accettare l'inevitabile trasformazione, ripulirsi delle scorie del passato e confidare nella eventuale rinascita.
Brevi consigli dalla Morte
Dai un taglio netto. Elimina tutto ciò che è negativo. Fai terra bruciata dietro di te. Distruggi il vecchio. Concludi i rapporti di amore, amicizia e lavoro che non hanno più motivo di esistere. Liberati dai pesi morti. Fai pulizia. Lascia andare il passato. Accetta il cambiamento. Abbi fiducia nella rinascita. Purifica il tuo essere. Preparati a ricominciare tutto da capo. Ricordati che ogni fine è un nuovo inizio.
Esercizio
Passa in rassegna la tua casa e getta via tutto ciò che è vecchio e non serve più: vestiti, giornali, carte, oggetti vari, ecc."

 Ok, provero' a passare all'Ikea a comprare un aspirapolvere, un pacco di sacchi per l'immondizia, ed a cercare un armadio.


giovedì 8 giugno 2017

Guerra.

"E non posso fare a meno di chiedermi ora, Willie MacBride,
Tutti quelli che giacciono qui sanno perché sono morti?
Ci hai creduto davvero quando ti han detto perché?
Hai creduto davvero che quella sarebbe stata l'ultima guerra?
E la sofferenza, la pena, la gloria e la vergogna,
Uccidere e morire - tutto è stato invano.
Perché, Willie MacBride, tutto quanto è successo di nuovo,
Di nuovo, di nuovo, di nuovo, di nuovo"
Povero Willie MacBride, morto a 19 anni nella Grande Guerra.
Spero tanto che non ci abbia creduto manco un secondo, che quella sarebbe stata l'ultima guerra. Ma a 19 anni si credono tante cose, e si va a morire cosi' facilmente.
E le guerre sono cosi' affascinanti, uno chissa' cosa si sente ad andare in guerra a combattere.
Non lo voglio sapere: faccio parte di quella stolida schiera di pacifisti ad oltranza che della guerra non sapeva che farsene prima di averne una, e dopo averne viste fin troppe ha una sicurezza nella vita: basta guerre, basta!
Ma di sicuro ci saranno altri campi da riempire di nomi e date, o forse manco quelle, fosse comuni e via.
"io chiedo come puo' l'uomo uccidere un suo fratello".
Beh, manco io, ma e' uno sport molto diffuso...

domenica 4 giugno 2017

Dohuk

La prima cosa che mi ha colpito e' stata la pulizia.
Dohuk e' una città pulitissima, ordinata, niente cumuli di spazzatura per terra, niente carcasse di auto abbandonate, nessun animale randagio che cerca cibo, nessun fuoco di roba abbandonata per strada.
La seconda e' l'aspetto ordinato e ben tenuto: strade ben tenute (ci sono meno buche sull'asfalto che fra Campi Bisenzio e Sesto Fiorentino, per dire), semafori funzionanti, segnali ed indicazioni stradali, traffico moltissimo ma scorrevole ed ordinato.
Poi le case: curate, ben tenute, ridondanti di decorazioni, colonnine, porte e finestre di forme complicate e suggestive (pure pacchiane, direi...)
Poi i giardini: la citta' e' molto verde, ci sono molti parchi pubblici estremamente curati, alberi, giardinetti privati...vedo spesso persone che innaffiano e giardinieri al lavoro.
Che siamo in Medio Oriente e non in Svizzera, piu' che altro, lo rivelano le terrificanti ragnatele di fili elettrici e cavi che percorrono la citta'. Roba da arresto immediato. E difatti ogni 3 x 2 salta la corrente in tutto il quartiere...e direi che non e' complicato capire il perche'.
Negozi e bazar numerosissimi, piccoli ma molto forniti, anzi, stipati di merci.
Confesso che mi aspettavo una situazione simile a quella del Sud Sudan, un paese stremato dalla guerra, che sopravvive fra un attacco terroristico, una carestia ed un paio di sparatorie con qualche morto al giorno.
Mi sbagliavo.
La guerra, qui, non si vede. La miseria neanche. Al massimo, quella lieve trascuratezza di lavori in corso e di cantieri sempre aperti con case da cui spuntano i tondini del cemento armato in attesa di aggiungere un piano, una scala, un altro pezzo perche' chissa'...
Quindi, tutto bene?
No, affatto...che c'e' molto da lavorare l'ho capito appena messo piede al Maternity Hospital. Una struttura fatiscente, con uno strano mix di muri scrostati ed attrezzature modernissime, un bagno per 18 pazienti (ammassate in un'unica stanza) ed un enorme schermo piatto che trasmette video educativi (pure ben fatti) sull'alimentazione in gravidanza, cura del neonato, allattamento, contraccezione.
Un numero abnorme di nascita (quasi 24.000 l'anno) con uno staff ai minimi termini (6 infermiere-ostetriche per turno fra reparto e sale parto) con orari da delirio (una settimana mattina, una settimana pomeriggio, una settimana notte, 3-4 giorni liberi e si riparte) ed una formazione largamente insufficiente (2 anni di corso per le ostetriche, con un totale di 3 mesi di tirocinio "di guppo" osservazionale, 4 anni per le infermiere-ostetriche, che pero' non possono assistere i parti, col solito tirocinio osservazionale di 6 mesi in totale).
Il risultato e' una mortalita' neonatale del 16%, materna del 5%.
Non usano il partogramma, non sanno cos'e' un indice di Apgar, non controllano il battito cardiaco fetale nella fase espulsiva (pochissimo in quella dilatante), non hanno (e non saprebbero usare) la Ventosa Ostetrica, non misurano le perdite ematiche post-partum. In compenso fanno un sacco di episiotomie (senza guanti o telini sterili...). Il pediatra c'e' solo di giorno.
E come sono arrivata, la prima domanda e' stata "quanto prendi per stare qui?". I loro stipendi non vengono pagati da 6 mesi, Baghdad non invia il denaro che gli spetterebbe ma che spende per la guerra contro i fondamentalisti .
Questo mese hanno pagato il personale con un "anticipo" di circa 300 dollari.
Bene, rimbocchiamoci le maniche e vediamo di partire: domattina inizio i corsi per introdurre il partogramma nell'uso quotidiano. Prima ho lavorato in reparto e sala parto per diversi giorni per capire come si svolgeva la loro routine quotidiana. Il secondo giorno mi hanno chiesto se sapevo mettere gli aghi cannula, il terzo se sapevo assistere i parti. Mi hanno messo un paio di forbici in mano e mi hanno detto "questa e' al primo bambino, devi fargli l'episiotomia". Quando gli ho chiesto il motivo, mi hanno risposto "se non la sai fare, la faccio io". Ok, grazie per la risposta: adoro la gente che ha delle certezze. Poi pero' mi hanno impedito di suturare, perche' qello lo devono fare le dottoresse. La ragazza (16 anni) ha aspettato piu' di un'ora sul lettino che qualcuno la suturasse.
Tutto normale.
Ogni tanto rimpiango Firenze.


venerdì 12 maggio 2017

Kurdistan

E quindi eccomi qui: nuova avventura.
Il Kurdistan iracheno. A livello di esperienza di vita, un notevolissimo miglioramento rispetto al Sud Sudan, che sta affogando nella miseria e nella guerra. Confesso, due anni a Wau sono stati durissimi. Sono andata via con un senso di liberazione immenso, e con una punta di senso di colpa nel lasciare un paese che ha davvero bisogno di tutto. Ma non ce la facevo piu'.
E sono arrivata in Iraq. Secondo il sito piu' aggiornato che ho trovato, quello dell'Express, (un noto quotidiano britannico) ho guadagnato solo una posizione in fatto di pericolosita': i primi due posti solidamente detenuti da Siria ed Afghanistan, il Sud Sudan terzo, l'Iraq solo quarto. Seguono Somalia ed altri: l'elenco dell'inferno in terra. Eppure, la sensazione che ho avuto e' molto diversa. Ok, cominciamo col dire che la regione autonoma del Kurdistan e' una situazione decisamente particolare rispetto al resto dell'Iraq. Non provo neanche a tracciare una sintesi di storia del Kurdistan, non la conosco a fondo (e neanche superficialmente), cerchero' di documentarmi in futuro...ma la citta' in cui sono, Duhok, e' un bel posto, molto simile alla nostra idea di citta'. Cosa che Wau, in Sud Sudan dove ho lavorato e vissuto due anni, proprio non è. Li', che eri in una paese in guerra e nella miseria piu' nera lo capivi prima di arrivarci, dai collegamenti impossibili (non esistono ferrovie, strade impraticabili e pericolosissime, compagnie aeree locali improponibili...), qui arrivi comodamente nella capitale Erbil con un comodo volo di linea Lufthansa, aeroporto nuovissimo, autostrada piuttosto ben tenuta, auto moderne, e poi si arriva a Duhok in meno di due ore.
Che e' a  a 50 Km da Mosul.
Che da qui proprio non si vede.
Pero' ad ogni incrocio (nei viali principali) ci sono le indicazioni per Erbil, per Mosul e per altre localita' che ancora non conosco.
Ho scoperto, in una settimana, che qui si sta benissimo, posto ottimo, tranquillo, pieno di negozi, belle auto, giardini curati, belle case, scuole, strade tenute meglio della Firenze-Siena (non che ci voglia molto), parchi, alberghi, ristoranti...insomma, una citta' viva e molto piacevole. Pero', se sbagli incrocio, ti potresti avvicinare all'inferno.
Ho scoperto anche che qui il giorno festivo è il venerdi', ed il week-end è composto da venerdi' e sabato (la domenica ricomincia la settimana lavorativa). La cosa scombussola un po', ma ci si abitua in fretta.....oggi una bella scampagnata al lago, domani riposo
Devo ancora capire molte cose.

venerdì 7 aprile 2017

Storie africane (mica servono gas e aeroplani per fare un massacro...)

"Credere che il genocidio in Ruanda sia stato eseguito a colpi di machete è in qualche modo rassicurante: hanno preso gli attrezzi dai loro capanni e si sono massacrati, cosa c’entriamo noi? Ma le cose non sono andate così. Nei tre anni precedenti il 1994, sotto gli occhi della Banca mondiale, il Ruanda – che è poco più grande della Sicilia – era stato, in termini assoluti, il terzo importatore d’armi di tutta l’Africa. Pure i machete erano arrivati dalla Cina in gran quantità, per essere distribuiti agli assassini. Altra lezione: finché non si affronterà davvero il problema della povertà e della fame nel mondo, si lascerà sempre spazio ai fomentatori d’odio.
Certo, sono ovvietà, di cui però i paesi più potenti del mondo, Italia inclusa, non tengono conto, continuando a vendere armi senza curarsi dell’uso che ne sarà fatto e destinando quote assolutamente insufficienti all'aiuto pubblico allo sviluppo."

Queste frasi le ho tratte dall'articolo di Daniele Scaglione su "Internazionale" del 3 aprile scorso: trovate tutto l'articolo qui:

Ma come dicono i commercianti di armi? "noi gliele vendiamo, poi come le usano non e' colpa nostra".
Business is Business.
Raccogliere firme per depenalizzare il massacro dei fabbricanti e venditori di armi non mi sembra per nulla una prospettiva negativa. Banche comprese, ovvio...


giovedì 6 aprile 2017

Virtu' guerriere.

"Se noi,
con la passera rasa, profumate,
in vestaglie d'Amorgo trasparenti,
girassimo per casa, e quando i nostri
mariti, a pinco ritto, ci volessero
fotter, non ci accostassimo, e fuggissimo,
presto, lo so, farebbero la pace!"
(Lisistrata, di Aristofane, prima rappresentazione ad Atene, 411 a.C.)



Nella commedia le donne ottengono cio' che vogliono, ovvero la fine della Guerra del Peloponneso.
Nella realta', purtroppo, in tutte le guerre il metodo non funzia, visto che primo diritto dei guerreri e' quello di stuprare (prima o dopo averle ammazzate, preferibilmente prima) le donne, ragazze e bambine del "Nemico".
Lo stupro come arma di guerra e' una lunga tradizione che continua imperterrita in qualunque parte del mondo.
Eppure esistono donne che difendono la guerra e le virtu' guerriere.
Ma devono essere le stesse che definiscono se stesse "brave donne" mentre le altre son tutte puttane & troie.
Un giorno o l'altro forse mi riuscira' capire quel tipo di donna.
Ma fossi in voi non tratterrei il fiato nell'attesa....